domenica 18 settembre 2011
isole-città di fondazione
Sul primo numero di "San Rocco" c'è un intervento di Eduard Sancho Pou dal titolo "pin ups, racetracks and baby elephants, or how to develop an artificial island Strategy" in cui si parla, con un taglio avvincente, della creazione di isole o terreni "artificiali".
L'articolo parte citando il gran premio di Abu Dhabi che viene corso sul circuito di Yas Marina, Situato sulla Yas Island, un'isola artificiale nel Golfo Persico sulla quale, oltre al circuito - che è un'imitazione del tracciato del gran premio di Monaco - si è sviluppata una specie di città.
L'articolo prosegue con l'interessante storia di Carl G. Fisher, americano, che diventato ricco grazie ad un brevetto per le lampade ad acetilene da mettere sulle macchine (intuì la diffusione delle autovetture) creò prima il circuito di Indianapolis nel 1909 (intuì presto il divertimento per le masse) e poi bonificò tutta l'area su cui sorse Miami beach.
E' interessante questo articolo perché si apre con una domanda: è più conveniente costruire su del terreno artificiale rubato al mare o sulla terra esistente?
La storia di Miami Beach e di altre storie simili (mi viene da pensare alla baia di Tokyo, alle bonifiche fasciste, ecc.) fa propendere per una risposta però l'articolo, nel finale, tornando a parlare di Yas Island, pone molti dubbi sulla durata e solidità di queste operazioni e si conclude con questa considerazione che fa molto riflettere e si ricollega al discorso fatto con Alessandro nell'articolo proposto per quel numero di San Rocca da me a Ale sull'importanza delle infrastrutture.
"Miami was saved (da un uragano del 1926 e dalla crisi economica del 1929) tahnks to its infrastructure, thanks to Fisher's Dixie Highway, which allowed for various migrations and the city's repopulation. Yas Marina, in contrast, has no motorways to connect it to large masses of people; it lacks that umbilical cord to the middle class." p 102
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